DOCUMENTO CONCLUSIVO
L'indagine conoscitiva è stata deliberata dalle Commissioni riunite II giustizia e VI finanze allo scopo di accertare in quale misura le novità introdotte nell'ordinamento nazionale, in particolare a seguito dell'adozione dei decreti legislativi n. 153/1997 e n. 319/1998, abbiano trovato un'effettiva attuazione. Le Commissioni, inoltre, intendevano verificare se siano opportuni ulteriori interventi che, anche alla luce dell'evoluzione in corso in sede comunitaria ed agli indirizzi emersi nell'ambito di organismi internazionali, quali il Gruppo di azione finanziaria contro il riciclaggio (GAFI), introducano alcuni correttivi diretti a rafforzare gli strumenti di prevenzione e di repressione nei confronti del fenomeno del riciclaggio.
Con riguardo al primo profilo, nel corso delle audizioni si è inteso soprattutto accertare se la separazione, prevista dalla normativa vigente, tra le attribuzioni in materia di analisi finanziaria, affidate all'UIC, e quelle di natura investigativa e giudiziaria, ripartite, tra DIA e nuclei speciali di polizia tributaria della Guardia di finanza, risulti adeguata ed efficacemente applicata. In particolare, sono state attentamente valutate le indicazioni prospettate da numerosi osservatori in merito alla opportunità di individuare un organismo di riferimento verso il quale far confluire le segnalazioni trasmesse dall'UIC.
Si è esaminata, inoltre, l'adeguatezza dello strumento delle segnalazioni delle operazioni sospette che vanno trasmesse all'UIC e non più ai questori, a far emergere le pratiche di riciclaggio, anche alla luce dei rilievi, formulati dal GAFI, in ordine all'inefficacia dei controlli e alla scarsa ottemperanza da parte di molti operatori agli adempimenti di legge.
È stata inoltre oggetto di valutazione l'idoneità dell'attuale strumentazione informatica a raccogliere tempestivamente le segnalazioni stesse e ad effettuare sulle medesime le opportune elaborazioni ed analisi.
Quanto al secondo aspetto, le Commissioni II e VI hanno inteso verificare l'opportunità di operare un aggiornamento della disciplina in vigore, sia al fine di raccogliere organicamente le disposizioni introdotte nel corso degli ultimi anni, sia al fine di attribuire agli organismi competenti gli strumenti effettivamente idonei a fronteggiare il fenomeno del riciclaggio che si caratterizza per un incessante processo evolutivo che riguarda sia il profilo dimensionale che le modalità attraverso le quali esso si svolge.
La valutazione delle dimensioni del riciclaggio si fonda, allo stato attuale, soprattutto su stime quantitative piuttosto che su riscontri effettivi dell'entità del fenomeno. Infatti, i dati disponibili sui proventi delle attività criminali, come sottolineato dall'UIC, sono scarsi e talora poco attendibili. Inoltre, tali dati risultano difficilmente confrontabili da paese a paese, in considerazione della disomogeneità delle normative nazionali in tema di riciclaggio e delle diverse metodologie utilizzate per la rilevazione e l'elaborazione delle relative informazioni.
Le più recenti stime dell'UIC valutano il «giro d'affari» del settore criminale in circa 27.000 miliardi annui, di cui 22.000 derivanti dalla realizzazione di attività criminali di natura produttiva. Sottraendo a tale ammontare i flussi che non danno luogo a commistioni con l'economia legale, si calcola che la domanda potenziale di servizi di riciclaggio ammonti a circa 18.000 miliardi, di cui la maggior parte proviene dal traffico di droga, dal gioco d'azzardo e dalla prostituzione. Si ritiene che circa 12.500 dei 18.000 miliardi si traducano in domanda effettiva di servizi di riciclaggio, di cui quasi 11.000 sarebbero riferibili alla criminalità autoctona. A tale ammontare andrebbero sommati i flussi derivanti dalla cosiddetta «criminalità economica», in particolare dalla corruzione, che sarebbero pari anch'essi a circa 12.500 miliardi, e quelli riferibili alla e dall'evasione fiscale e contributiva, di più incerta quantificazione.
Va rilevato che il valore delle operazioni sospette segnalate all'UIC nel periodo 1° settembre 1997-31 dicembre 1998, ammonta ad appena 2.364 miliardi.
Le somme derivanti da attività illegali realizzate in Italia sono generalmente sottoposte nel nostro paese ad operazioni di placement, vale a dire l'immissione del denaro nel sistema mediante il materiale deposito o la trasformazione in altri strumenti monetari presso banche o altri intermediari. Successivamente si procede, solitamente all'estero, al layering o stratificazione, cioè all'accumulo di disponibilità derivante da una molteplicità di operazioni finalizzate all'occultamento dell'origine criminosa dei proventi. Infine, ha luogo, usualmente all'estero, la c.d. «integration», cioè l'integrazione delle disponibilità nel sistema finanziario.
Pertanto, secondo gli studi dell'UIC, la domanda di servizi di riciclaggio nel nostro Paese sarebbe indirizzata essenzialmente ad attività di «placement» o di «integration», mentre le operazioni di «layering» avrebbero luogo soprattutto in paesi a legislazione particolarmente permissiva.
Tale rilievo sembra confermato dai dati forniti dall'UIC, che evidenziano rilevanti flussi finanziari tra operatori italiani ed i cosiddetti paesi offshore. Al riguardo, l'UIC ha rilevato che tra i paesi ad alto rischio andrebbero inclusi la Colombia, le Isole Cayman, il Messico, la Nigeria, Panama, la Tailandia, il Venezuela, e tra quelli a medio-alto rischio Aruba, Bahamas, Burma, Costa d'Avorio.
Nel periodo aprile 1995-giugno 1998, secondo i dati UIC, vi sono state transazioni tra l'Italia ed i paesi offshore per un ammontare complessivo di oltre 400 mila miliardi. Questo fenomeno ha avuto un trend crescente dal 1997 in poi.
L'UIC ha evidenziato, inoltre, che relativamente ai flussi di capitale verso l'estero associati ad un elevato importo medio per bonifico in uscita, movimenti rilevanti si hanno con riferimento alle Bahamas ed alle Isole Cayman. Per quanto concerne il fenomeno specifico delle «triangolazioni», il relativo volume rappresenta una parte non enorme ma comunque significativa dell'ammontare complessivo, nell'ordine di circa 8 mila miliardi di lire.
Con specifico riguardo al sistema bancario, i procuratori distrettuali intervenuti in audizione hanno messo in rilievo, quale elemento problematico ai fini dell'effettività della lotta contro il riciclaggio, la partecipazione di alcune delle maggiori banche italiane a società costituite in paesi offshore. In particolare, avvalendosi di dati tratti da un'indagine della Banca d'Italia, risulta l'esistenza di 220 società partecipate da banche italiane in 30 paesi a regime giuridico offshore; nel solo Lussemburgo si sono insediati 16 gruppi bancari italiani, per un totale di 40 società.
I procuratori hanno ipotizzato che le ragioni di tale fenomeno andrebbero ravvisate nella esistenza di un situazione nella quale la banca «onesta» sarebbe spesso costretta ad adeguarsi alla potenza finanziaria e alla tipologia dei servizi offshore che gli altri istituti riescono a dare al cliente, essendo destinata altrimenti a soccombere al mercato che indurrebbe i suoi clienti a preferire quegli istituti che già sulla piazza offshore prestano il servizio.
L'ABI ha replicato osservando che, secondo le considerazioni formulate in materia dalla Banca d'Italia nello scorso dicembre, le dimensioni dell'attività di intermediazione del sistema bancario italiano nei confronti dei paesi offshore sarebbero ridotte rispetto a quello degli altri maggiori sistemi bancari. In particolare, i crediti ad operatori residenti nei paesi in questione sarebbero pari al 5% dei finanziamenti internazionali complessivamente erogati dalle banche italiane, a fronte dell'8% del sistema francese e dell'11% di quello statunitense.
Inoltre, secondo le considerazioni dell'ABI che richiama anche in tale caso le considerazioni formulate dalla Banca d'Italia, l'autorità di vigilanza adotterebbe criteri rigorosi e selettivi nell'autorizzare l'articolazione di banche italiane in pesi extracomunitari, verificando, in particolare, sia l'attitudine dell'intermediario ad esercitare efficaci controlli interni, sia l'esistenza nello Stato di insediamento di una legislazione e di un sistema di supervisione adeguati.
Infine, sempre secondo l'opinione dell'ABI, l'esclusione delle banche italiane dai mercati finanziari evoluti, compresi quelli dei paesi offshore, inciderebbe negativamente sulla capacità innovata e sul ruolo internazionale del nostro sistema bancario.
Con riguardo al settore delle società fiduciarie, l'analisi effettuata dall'UIC sui dati aggregati ha mostrato come queste società stiano incrementando la loro attività all'estero, in particolare con il Lussemburgo e l'Irlanda, paesi che all'interno del sistema europeo hanno caratteristiche fiscali ed agevolative mediamente migliori rispetto ad altri. In questo comparto si è registrato un ammontare complessivo di transazioni pari a circa 8.500 miliardi, di cui circa il 25% è stato effettuato con paesi offshore.
Dai dati dell'UIC emerge che problemi delicati si pongono anche con riferimento ai paesi dell'est europeo, nei quali, anche a causa della debolezza delle strutture di vigilanza e di controllo, si è constatato un forte aumento dei flussi a partire dal 1997. In particolare, da tale anno si è invertita la tendenza dei flussi, che in passato erano prevalentemente in uscita dall'Italia, e che ora sono prevalentemente in entrata. In particolare, a seguito delle note vicende connesse ad alcune operazioni sospette di finanziamenti alla Russia, sono state svolte analisi approfondite soprattutto al fine di verificare un legame tra tali vicende e le anomalie statistiche registrate in alcune zone della costiera adriatica. Allo stato attuale non sembra, peraltro, emergere un diretto coinvolgimento del sistema finanziario italiano.
I soggetti intervenuti hanno, inoltre, evidenziato un salto qualitativo nel ricorso di strumenti atipici di credito a fini di riciclaggio, quali, in particolare, le primary banking guarantees (PBG). Si tratta di garanzie accessorie che istituti di credito di primaria importanza, attivi nel finanziamento del commercio internazionale, concedono, garantendo, con la propria sottoscrizione, l'adempimento di un'obbligazione contrattuale del cliente. Le PBG, una volta emesse, possono essere girate o cedute per lo sconto presso la stessa banca emittente o presso una diversa.
L'UIC ha sottolineato che tale strumento di credito consentirebbe la mobilizzazione di somme depositate senza trasferirle materialmente e senza che risulti l'ordinante del relativo trasferimento. In particolare, verificandosi l'inadempimento, anche simulato, dell'obbligazione principale, il creditore escute la garanzia incorporata dalla PBG. In tal modo, si potrebbe trasferire disponibilità tra le parti del contratto cui è riferita la garanzia, senza che tra esse intercorra un rapporto finanziario diretto, stante l'intermediazione della banca garante.
Da ultimo, merita segnalare che i soggetti auditi hanno sottolineato che la sostituzione delle monete nazionali con banconote in euro imporrà l'adozione di specifiche cautele ai fini antiriciclaggio soprattutto nella fase finale del passaggio alla moneta unica (1° gennaio - 30 giugno 2002), periodo in cui potrebbero verificarsi dei rilevanti cambiamenti nella frequenza e nella entità delle operazioni con banconote. Infatti, l'introduzione della moneta unica pone alle centrali criminali europee il problema della sostituzione delle somme illecite attualmente possedute, per cui appare logico attendersi una accelerazione delle operazioni di riciclaggio entro l'anno 2001 e la connessa introduzione, sui mercati finanziari, di ingenti somme di denaro sporco, mediante l'immissione di capitali illeciti sui mercati mobiliari e immobiliari in genere, con conseguenti gravi squilibri al sistema finanziario dei paesi dell'Unione europea.
D'altra parte, sia il direttore dell'UIC che i rappresentanti dell'ABI hanno evidenziato che tale situazione, se da un lato, presenta forti elementi di rischio, dall'altro, offre una notevole opportunità di controllo agli organi di vigilanza.
Il capo della polizia, inoltre, ha evidenziato che l'euro, si avvia a divenire un'importante moneta di riserva negli scambi internazionali, per cui è prevedibile che diventerà moneta di regolazione anche degli scambi illegali, ai fini di riciclaggio della liquidità originata da una serie di mercati anch'essi illegali.
Le Commissioni hanno constatato che l'attuale ripartizione tra i compiti di analisi e controllo finanziario, affidati all'UIC, e quelli investigativi e repressivi, attribuiti alla DIA ed al Nucleo speciale di polizia valutaria della guardia di finanza, nonostante alcuni giudizi favorevoli, contenuti anche nel rapporto elaborato sul nostro paese dal GAFI presenta, tuttavia, alcuni profili problematici meritevoli di approfondimento.
Si ricorda, in particolare, che in base alla normativa vigente, gli intermediari sono tenuti a segnalare all'UIC le operazioni che essi ritengono sospette; l'UIC ha il compito di svolgere i necessari approfondimenti ed esami di carattere finanziario in relazione a tali segnalazioni, per poi informarne gli organi investigativi con un'apposita segnalazione.
Nel corso delle audizioni dei rappresentanti dell'UIC e del Capo della polizia, è emersa, da un lato, una valutazione nel complesso positiva del fatto che il richiamato riparto di competenze ha consentito all'Ufficio italiano dei cambi di essere riconosciuto a livello internazionale come Financial Intelligence Unit e quindi di partecipare agli organismi finanziari che coordinano l'attività delle varie Financial Intelligence Unit presenti nella maggior parte dei paesi che aderiscono al GAFI.
Peraltro, nell'ambito delle audizioni sono state evidenziate alcune difficoltà da parte dell'Ufficio italiano dei cambi ad operare una valida analisi delle segnalazioni delle operazioni sospette, soprattutto perché esso non dispone di informazioni attinenti alla sfera della sicurezza pubblica.
Al riguardo, l'Ufficio italiano dei cambi ha sottolineato che, in virtù del decreto legislativo n. 319/1998, ad esso sono attribuite, a titolo principale e diretto, le funzioni in materia di riciclaggio che precedentemente erano svolte in larga parte per conto del Ministero del tesoro.
D'altra parte, le audizioni hanno rilevato che non è stato istituito un analogo centro di riferimento unitario per le attività di indagine e per la prevenzione e repressione sul piano penale. Va, tuttavia, ricordato che in base al protocollo di intesa sottoscritto tra Dia e Guardia di Finanza, alla prima sono affidate le segnalazioni connesse a fenomeni criminali di tipo mafioso ed al Nucleo speciale tutte le altre.
Ne deriva che alla Dia sfuggono tutte le informazioni non riguardanti la criminalità mafiosa, mentre il Nucleo speciale, cui competono tutti gli altri casi, non è in grado di valutare alcuni fenomeni criminali complessi che alimentano in maniera notevole il flusso del denaro sporco, in quanto essi non rientrano nella competenza di un organismo specialistico come la Guardia di finanza.
I soggetti intervenuti non hanno, tuttavia, espresso valutazioni concordanti in merito agli strumenti idonei a migliorare il funzionamento delle attività investigative in materia. Da una parte, il Capo della polizia ha evidenziato l'opportunità di costituire un polo investigativo unitario, anche mediante la creazione di un'Agenzia per il riciclaggio interforze, da collocare all'interno del dipartimento di pubblica sicurezza in sostituzione dell'odierna organizzazione incentrata sulla cooperazione fra due strutture autonome di polizia (DIA e Guardia di finanza). Dall'altra, il Comandante della Guardia di finanza non ha ravvisato l'opportunità di creare ulteriori strutture interforze ed ha, pertanto, ritenuto sufficiente apportare soltanto alcuni miglioramenti al sistema attuale, lasciando inalterata l'ispirazione di base.
Sia il Capo della Polizia che il Comandante della Guardia di finanza hanno, invece, giudicato in maniera non favorevole l'ipotesi di rimediare a tali inconvenienti attribuendo all'Ufficio italiano dei cambi un ruolo di centro di riferimento unitario sia per gli aspetti finanziari che per quelli investigativi. In particolare, il Capo della polizia ha affermato che in tal modo si attribuirebbero all'UIC indebiti compiti di direzione nelle investigazioni, creando un nuovo corpo di polizia.
Con riguardo alla natura della sua attività, l'UIC ha ricordato che ai sensi della legge n. 197 del 1991, tutti gli intermediari finanziari abilitati inviano mensilmente all'Ufficio italiano dei cambi dati aggregati secondo criteri di omogeneità, per categoria territoriale e tipologia di operazione. I dati trasmessi, che si riferiscono, peraltro, soltanto alle operazioni di valore unitario superiore a 20 milioni, sono pari a circa 30-35 milioni al mese e 400 milioni l'anno, per un ammontare complessivo di movimenti finanziari che in un anno è dell'ordine di 40 milioni di miliardi.
D'altra parte, tali segnalazioni consentono all'UIC la conoscenza delle operazioni svolte, ma non consentono di ottenere gli elementi che sono invece a disposizione dell'autorità giudiziaria e delle forze investigative relativamente alle persone che possono essere implicate in reati o in comportamenti illeciti. I dati che affluiscono all'ufficio, infatti, sono anonimi perché aggregati; il dato nominativo si trova solo nell'archivio unico informatico dell'intermediario presso il quale è stata effettuata l'operazione.
Tra il 1995 e il primo mese del 1999 l'UIC ha effettuato 165 ispezioni, di cui 136 verso banche e 21 verso altri intermediari, che hanno determinato un complesso di 49 segnalazioni all'autorità giudiziaria per inadempienze previste e sanzionate dalla legge riferite a banche e 7 riferite ad altri intermediari, per un totale di 56. Vi sono poi stati 9 procedimenti amministrativi tradotti in verbali per violazioni accertate e 79 segnalazioni al Ministero del tesoro per le sanzioni amministrative ugualmente previste dalla legge.
Il direttore dell'UIC ha sottolineato che l'ufficio, nelle sue ispezioni, ha inteso anche svolgere «quasi un'attività di consulenza nei confronti del sistema bancario per migliorare la qualità dei suoi sistemi e delle sue procedure informatiche sulle quali sono in larga parte fondati i sistemi di controllo.»
Secondo l'UIC e l'ABI, infine, sarebbe opportuna una ulteriore razionalizzazione delle attività di indirizzo e di controllo sugli intermediari operanti nei mercati finanziari, nel quale, a partire dal 1997, l'Ufficio opera, a fianco della autorità di vigilanza di settore, in qualità di centro unitario di riferimento delle segnalazioni di operazioni sospette.
Dai dati forniti dall'UIC e dall'ABI, emerge che la trasmissione delle segnalazioni, dopo le modifiche intervenute con il decreto legislativo n. 153, ha registrato un certo miglioramento sia quantitativo sia qualitativo. Infatti, nel periodo luglio 1991-giugno 1997, quando il flusso delle segnalazioni delle operazioni sospette era trasmesso, in base alla legge, ai questori competenti per territorio, si era registrato un complesso di circa 8 mila segnalazioni. Dal settembre 1997 all'agosto 1999, da quando le segnalazioni affluiscono all'Ufficio cambi, esse sono state, invece, circa 7.000.
Quanto alla provenienza, circa il 94% delle segnalazioni è pervenuto dalle banche, il 3% dagli uffici postali, il 2% dagli intermediari finanziari e la quota residua dagli altri soggetti interessati.
La media nazionale delle banche segnalanti è pari soltanto al 34%; secondo i dati ABI, tuttavia, se si escludono dal computo, in ragione della loro dimensione ridotta, le banche di credito cooperativo, la media sale al 60% delle banche italiane, che rappresentano il 95% degli sportelli. Con riguardo a queste segnalazioni, l'UIC ha effettuato tra il settembre 1997 ed il febbraio 1999, nove interventi per sospendere operazioni le quali avevano caratteristiche tali da richiedere un loro blocco immediato. Nello stesso periodo considerato, circa 3.700 operazioni sono state segnalate alla DIA e al Nucleo speciale di polizia valutaria, per un valore complessivo di circa 2.400 miliardi.
Nonostante da tali dati emerga che la parte più rilevante dell'apporto collaborativo proviene dal mondo delle banche, si può ritenere che, alla luce dell'incidenza delle movimentazioni effettuate dalle banche sul complesso dell'intermediazione, ci sarebbe una notevole potenzialità di crescita quantitativa e qualitativa delle segnalazioni.
Al riguardo, l'ABI ha rilevato, nel corso della sua audizione, di avere incentivato la collaborazione attiva degli operatori bancari, sia attraverso iniziative intese a divulgare e ad interpretare le norme in materia, quali circolari informative e lettere agli associati, sia mediante corsi di formazione del personale. In particolare l'ABI ha posto in evidenza l'istituzione di un nuovo sistema software, costituito presso tutti gli intermediari finanziari, per l'analisi delle registrazioni contenute nell'archivio unico informatizzato, denominato GIANOS (Generatore Indici Anomalia Operazioni Sospette).
Tale sistema, attivo sin dal 1995, consentirebbe di individuare e sottoporre ad un controllo specifico quei soggetti che in base all'ammontare ed alla frequenza delle operazioni effettuate superano dei valori di anomalia predefiniti.
In tal modo, secondo l'ABI, si sarebbero introdotti dei criteri di oggettivizzazione e standardizzazione dell'attività di collaborazione attiva degli operatori bancari con gli organi inquirenti.
L'UIC e l'ABI hanno, inoltre, affermato che sarebbe auspicabile un perfezionamento delle garanzie di riservatezza e della neutralità delle segnalazioni delle banche, in modo da determinare un incremento del grado di fiducia e di collaborazione degli intermediari.
Secondo l'UIC la soluzione preferibile sarebbe quella di eliminare l'obbligo per l'Ufficio di trasmettere all'autorità investigativa il testo della segnalazione, soluzione che migliorerebbe, anche dal punto di vista qualitativo, le modalità delle trasmissioni, le quali potrebbero effettuarsi in modo standardizzato, con tutte le informazioni omogenee.
Al riguardo, l'ABI ha proposto di valutare la possibilità di assimilare l'intermediario segnalante ai cc.dd. «confidenti di polizia» di cui all'articolo 203 c.p.p..
D'altre parte, i procuratori antimafia hanno rilevato la difficoltà di trovare una corrispondenza tra l'operazione sospetta segnalata ed il soggetto che la compie, soprattutto nel caso in cui il soggetto che compie l'operazione abbia un certificato penale integro. Il procuratore distrettuale antimafia di Palermo ha osservato, in particolare, che a fronte di migliaia di segnalazioni provenienti dall'UIC, solo 5 indagini tra le 72 avviate, nel periodo 1998-99, dalla direzione distrettuale antimafia di Palermo derivavano da segnalazioni sospette; le restanti derivano soprattutto da dichiarazioni di collaboratori di giustizia.
Molti dei soggetti intervenuti hanno, altresì, segnalato la necessità di migliorare la qualità delle segnalazioni effettuate dagli intermediari, le quali sono spesso riferite a fenomeni, quali truffe, evasioni fiscali, che non sono qualificabili come riciclaggio in senso stretto e quindi non dovrebbero rientrare nella segnalazioni.
Al riguardo, l'UIC e l'ABI hanno confermato di avere avviato una collaborazione per migliorare il coordinamento e lo scambio di informazioni, anche al fine di offrire suggerimenti per riqualificare ed orientare le segnalazioni che provengono dal sistema, in modo che siano sempre più mirate al fenomeno del riciclaggio.
In particolare, l'UIC e l'ABI hanno prospettato la possibilità di effettuare congiuntamente approfondimenti sia sulle informazioni statistiche mensilmente segnalate dagli intermediari allo stesso UIC, sia sulle segnalazioni di operazioni sospette già inoltrate.
Quanto all'Ente Poste spa, dai dati trasmessi risulterebbe che lo stesso ha proceduto alla predisposizione degli strumenti informatici per l'adempimento dell'obbligo di segnalazione, ed in particolare alla costituzione di un archivio unico, soltanto a partire dal 1996, in coincidenza con l'avvio del processo di trasformazione dell'amministrazione postale. Attualmente è operativa la procedura di rilevazione ed inserimento nell'archivio unico informatico dei dati relativi all'accensione e ad alla chiusura dei rapporti finanziari continuativi tra l'Ente e la clientela e dei dati relativi alle altre movimentazioni di denaro per cui è prevista in generale la rilevazione. Risultano, tuttavia, ancora sussistenti alcune difficoltà relativamente al sistema informativo di collegamento in rete tra gli uffici postali e l'AUI. In particolare, gli uffici procedono tuttora alle rilevazioni mediante moduli cartacei, i cui dati vengono solo dopo ulteriori passaggi inviati all'AUI.
D'altra parte, l'UIC ritiene che i rischi relativi alle operazioni effettuate presso gli uffici postali non dovrebbero essere elevati, considerando che esse riguardano, generalmente, la piccola clientela. Sarebbe, pertanto, agevole individuare operazioni di elevata dimensione, tenuto conto del fatto che l'operatore normalmente legale (tranne situazioni particolari di tipologie merceologiche con determinate caratteristiche) non usa in maniera significativa il sistema postale.
La maggior parte dei soggetti auditi hanno, infine, evidenziato la necessità di un'ulteriore estensione degli obblighi di segnalazione alle categorie di professionisti che non vi sono attualmente obbligate.
Nel corso delle audizioni è emerso che l'attuale separazione di competenze evidenzia la necessità di un migliore collegamento informativo e di coordinamento, sia per rispondere ad esigenze di carattere internazionale, sia per rispondere ad uno degli obblighi previsti dalla normativa che prevede un «flusso» informativo di ritorno dall'UIC agli intermediari finanziari che segnalano operazioni sospette. Tale «flusso di ritorno», come sottolineato nel corso dell'audizione dell'UIC, dovrebbe, infatti, contenere anche riferimenti al seguito investigativo e giudiziario dato alle segnalazioni di operazioni sospette trasmesse dal sistema degli intermediari e in particolare dall'ufficio. La trasmissione di tali dati, inoltre, assume notevole rilievo, in quanto consente agli intermediari finanziari, ed in particolare delle banche, di avere indicazioni sul modo in cui migliorare il loro comportamento e il loro ruolo nella trasmissione delle segnalazioni di operazioni sospette.
Il direttore dell'UIC ha segnalato, inoltre, l'esigenza di una migliore definizione della centralizzazione nell'ufficio di tutti gli aspetti connessi all'attività di prevenzione e contrasto sul piano finanziario. In particolare, occorrerebbe modificare la normativa vigente nel senso di accentrare nell'ufficio tutte le informazioni di natura finanziaria e migliorare le segnalazioni da parte delle autorità di vigilanza del settore. Infine, secondo l'UIC, sarebbe opportuno garantire all'ufficio l'accesso a tutte le banche dati finanziarie e migliorare lo scambio di informazioni con l'area investigativa, come indicato anche nel richiamato rapporto del GAFI.
Tutti i soggetti intervenuti hanno sottolineato che il riciclaggio costituisce una attività delittuosa complessa, strumentale e complementare rispetto ad una molteplicità di iniziative criminali, per cui una azione antiriciclaggio efficace deve estendersi dai reati-presupposto sino al momento della costituzione di un patrimonio legale, valorizzando accanto alle segnalazioni di operazioni sospette i tradizionali strumenti investigativi (antimafia, antidroga, anticorruzione) che hanno sino ad oggi assicurato i risultati più significativi sul fronte del contrasto al fenomeno.
Ne discende l'esigenza, evidenziata dal Capo della Polizia e dal Comandante della Guardia di Finanza, di integrare e correlare le informazioni sui patrimoni con quelle sui delitti che originano la ricchezza (reati strumentali), sui reati-mezzo (associazione per delinquere, riciclaggio) e sui reati di «terzo livello» (attentati, omicidi ed altri atti diretti a garantire la sopravvivenza del sistema criminale).
Il Comandante della guardia di Finanza ha, inoltre, sottolineato l'esigenza di dare attuazione alle disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 125/1997, relative ai sistemi informatici previsti dalle disposizioni antiriciclaggio, soprattutto nella parte in cui prevedono la trasmissione dall'Ufficio italiano dei cambi all'amministrazione finanziaria dei dati attinenti le dichiarazioni di importazione ed esportazione di capitali per importi superiori a venti milioni di lire.
Il Comandante della Guardia di Finanza ha rilevato, inoltre, la necessità di un collegamento telematico protetto tra l'Ufficio italiano dei cambi ed il Nucleo speciale di polizia valutaria, che consenta ai due organismi di colloquiare in tempo reale.
Il Capo della polizia ha rilevato, invece, l'esigenza di operare una centralizzazione dei flussi informatici verso la Direzione nazionale antimafia, in considerazione del fatto che spesso le diverse direzioni distrettuali ignorano l'esistenza di connessioni con altre indagini. La Dia, ai sensi dell'articolo 371-bis del codice di procedura penale, provvederebbe a mettere i dati acquisiti a disposizione delle direzioni distrettuali antimafia territorialmente competenti.
Secondo il Capo della polizia sarebbe, inoltre, opportuno operare un interscambio delle segnalazioni delle operazioni sospette con le agenzie di tutti gli altri paesi europei, attraverso la FIU, cioè l'Unità finanziaria di intelligence, in occasione dell'entrata in vigore della moneta unica.
Nel corso delle audizioni è stata manifestata da più parti l'esigenza di dare concreta e rapida attuazione all'articolo 20, comma 4, della legge n. 413 del 1991, richiamato anche dal decreto legislativo n. 153 del 1997, che prevede la realizzazione dell'anagrafe dei conti e dei depositi. Attraverso tale sistema, potrebbero essere agevolmente localizzati, in tempi ridotti, i conti dei soggetti indagati, senza dover interpellare l'intero sistema creditizio. In mancanza di dati centralizzati, infatti, il rilevamento su tutto il territorio nazionale viene attivato attualmente solo in quei casi in cui la rilevanza del soggetto, le sue abitudini e le sue relazioni inducano a sospettare una «polverizzazione» delle disponibilità finanziarie. Inoltre, l'anagrafe ridurrebbe anche i costi attualmente gravanti sugli intermediari finanziari per fronteggiare le richieste provenienti dalle autorità pubbliche, posto che sarebbero interessate esclusivamente le istituzioni creditizie presso le quali sono effettivamente in essere rapporti di conto o di deposito riconducibili ai soggetti controllati.
I procuratori distrettuali antimafia hanno, inoltre, evidenziato che la costituzione dell'anagrafe eviterebbe lo spreco di risorse investigative che si verifica attualmente, nelle ipotesi in cui si ritenga necessaria l'esecuzione di «accertamenti» cosiddetti «bancari a tappeto». Tali accertamenti, infatti, impongono l'invio di richieste in forma pressoché indiscriminata a migliaia di intermediari in tutto il territorio nazionale, compresi gli operatori che mai hanno avuto rapporti di alcun genere con i soggetti che costituiscono l'oggetto della investigazione.
Nel corso delle audizioni è stata sottolineata da più parti la necessità di una rapida predisposizione di un testo unico delle disposizioni in materia di prevenzione e contrasto del riciclaggio in materia finanziaria, che accorpi le disposizioni successivamente intervenute nel corso degli anni.
Si è sottolineato, in primo luogo, che il T.U. consentirebbe di ridurre la eccessiva complessità e settorialità della disciplina in materia, eliminando alcuni dubbi interpretativi e facilitando, in tal modo, la rapidità e l'efficienza delle attività investigative e di quelle di analisi finanziaria delle operazioni sospette.
L'adozione del T.U. potrebbe essere l'occasione per introdurre, inoltre, i vari adeguamenti ed innovazioni prospettati dai soggetti intervenuti.
Peraltro, nel corso delle audizioni sono emerse posizioni discordanti in ordine alla estensione dell'ambito dei reati presupposti rispetto al delitto di riciclaggio, che, a seguito della modifica introdotta dalla legge n. 328/93, comprende ogni delitto non colposo. Tale estensione, da un lato, appare oggetto di valutazioni generalmente favorevoli da parte dei soggetti aventi funzioni investigative ed inquirenti, dall'altro viene considerata eccessiva dall'ABI, che ritiene necessario delimitare le fattispecie criminose alle ipotesi di riciclaggio più gravi, quali quelle attinenti alle attività della criminalità organizzata.
L'ABI, pertanto, propone di valutare l'opportunità di modificare l'attuale previsione normativa, anche alla luce del dibattito sviluppatosi in sede comunitaria in seguito alla presentazione, nello scorso luglio, della proposta di direttiva relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite.
Va, peraltro, ricordato che la disciplina comunitaria attuale si limita a demandare alle singole legislazioni nazionali la definizione delle attività criminose sottostanti al riciclaggio.
L'indagine ha consentito alle Commissioni II e VI di accertare che la legislazione italiana in materia di antiriciclaggio può essere, in linea generale, considerata avanzata e largamente corrispondente agli orientamenti emersi in sede internazionale.
Tutti i soggetti intervenuti hanno espresso il loro apprezzamento per le innovazioni introdotte negli ultimi anni dal legislatore, richiamando anche i giudizi favorevoli espressi al riguardo dal GAFI sul nostro paese.
D'altra parte, nel corso delle audizioni sono emersi una serie di profili critici che incidono negativamente sull'efficacia della lotta al riciclaggio.
In primo luogo si è constatato che l'attuale ripartizione di competenze tra UIC, da una parte, e DIA e Nucleo speciale di polizia valutaria, dall'altra, non risulta ancora in grado di garantire un efficace utilizzo delle risorse nel settore. In particolare, le informazioni e le valutazioni acquisite hanno confermato:
1) da un lato, che l'Ufficio italiano dei cambi non appare sempre in grado di operare una accurata analisi delle segnalazioni delle operazioni sospette, soprattutto perché esso non dispone e non può disporre, in base alle vigenti disposizioni, di informazioni attinenti alla sfera della sicurezza pubblica;
2) dall'altro, la DIA e il Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza hanno ciascuno un ruolo troppo settoriale nella cognizione del fenomeno e nella relativa attività di investigazione.
Con riguardo al primo profilo, si è rilevato che l'UIC concentra larga parte del suo impegno nello svolgimento di attività di studio e di elaborazione statistica. Sarebbe, invece, opportuno un mutamento di indirizzo da parte della dirigenza dell'Ufficio che impieghi maggiori risorse nell'attività di ispezione e vigilanza in materia di riciclaggio.
Secondo i dati forniti dallo stesso UIC, infatti, le risorse umane che l'ufficio può dedicare all'antiriciclaggio sono pari a circa cento persone, pari ad un sesto del totale dell'organico, suddivise fra servizio antiriciclaggio e servizio ispettorato; tuttavia, il numero degli ispettori arriva appena a 20. Appare, inoltre, evidente la necessità di promuovere la diffusione di un elevato livello di specializzazione e di un costante aggiornamento del personale addetto, anche in considerazione delle peculiari caratteristiche dei vari intermediari e della varietà delle operazioni rilevanti ai fini dell'attività antiriciclaggio. Peraltro, l'acquisizione di tale specializzazione si presenta particolarmente impegnativa in ragione della crescente eterogeneità dei settori, non più esclusivamente finanziari, ai quali, in forza del D.Lgs. n. 374/99, si applica la normativa antiriciclaggio.
In questo ambito assume particolare importanza la interrelazione con le altre amministrazioni - Ministero dell'Interno o Ministero dell'Industria, attraverso le Camere di Commercio, Industria e Artigianato - che dispongono di informazioni di carattere strutturale sugli esercenti le attività individuate come rilevanti.
Alla luce di questo elemento, risulta evidente l'esigenza di evitare duplicazioni nel censimento dei soggetti contemplati dalla normativa e nell'acquisizione della documentazione rilevante.
È altresì auspicabile, anche alla luce del secondo rapporto del GAFI, che si provveda in tempi rapidi all'insediamento della commissione di indirizzo prevista dal D.Lgs. n. 153/97. Ai sensi di tale decreto legislativo, la commissione avrebbe il compito di valutare l'andamento e i risultati dell'attività svolta dall'UIC, formulando eventuali proposte dirette a rendere più efficace l'utilizzo degli strumenti di contrasto al riciclaggio.
Con riguardo al secondo profilo l'indagine ha fatto emergere l'opportunità di predisporre interventi intesi a garantire, sia sul piano organizzativo che su quello funzionale, un'azione investigativa più efficace. Al riguardo, non sembra che la soluzione migliore sia quella di procedere alla costituzione di nuovi apparati organizzativi che, sommandosi agli organi esistenti, rischierebbero di rendere ancora più costosi e farraginosi gli strumenti attuali. In particolare, non appare opportuna la creazione di ulteriori passaggi nella trasmissione delle segnalazioni dall'UIC agli organi investigativi. Allo stesso tempo, tuttavia, si raccomanda l'adozione di interventi intesi ad adeguare l'assetto organizzativo attuale, perfezionando, in particolare, gli strumenti di coordinamento informativo ed operativo tra DIA e Nuclei speciali. In altri termini, occorre promuovere una più intesa e costante collaborazione tra i due organismi, in modo da evitare una dispersione di risorse e di assumere criteri operativi ed indirizzi uniformi.
Con specifico riguardo alle modalità di applicazione della normativa vigente, l'indagine ha fornito un quadro che non può essere giudicato soddisfacente, sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo del funzionamento dello strumento della segnalazione delle operazioni sospette.
In particolare, è emersa la parziale inadeguatezza dello strumento della segnalazione a fare emergere le pratiche di riciclaggio, come testimoniato dal fatto che solo una minima parte dei procedimenti giurisdizionali al riguardo è stato avviato sulla base di segnalazioni.
Sotto il profilo quantitativo, si è constatato che con il D.Lgs. 153/97, ha avuto luogo un effettivo e consistente aumento del numero delle segnalazioni e si sono registrati alcuni incoraggianti risultati con riguardo agli intermediari localizzati in specifici ambiti territoriali, dimostratisi, in qualche caso, più solerti nell'effettuare le segnalazioni.
D'altra parte, è stato accertato che ben il 94% delle segnalazioni proviene dagli intermediari bancari, i quali, dunque, presentano un certo attivismo nella collaborazione attiva, peraltro con una preoccupante sperequazione geografica tra nord e sud. Al riguardo, nel corso delle audizioni è stato sottolineato che proprio in alcune regioni ad alta densità criminale si registra uno scarso tasso di cooperazione da parte delle banche, soprattutto di piccole e medie dimensioni.
L'indagine ha, comunque, dimostrato che, nonostante tali dati, il livello di collaborazione delle banche appare migliorabile, considerando il ruolo e la quantità delle movimentazioni effettuate dal settore bancario.
La collaborazione attiva da parte degli altri operatori tenuti alla segnalazione risulta, invece, assolutamente inadeguata a fare emergere le pratiche di riciclaggio. Anche da questo punto di vista, una più intensa attività di verifica da parte degli organismi di settore competenti, di intesa con l'UIC, potrebbe sicuramente indurre i soggetti che vi sono tenuti ad adempiere agli obblighi di legge.
Occorre, inoltre, evidenziare che il dato quantitativo andrebbe riconsiderato alla luce del fatto che un notevole numero di segnalazioni proviene dalla zona di Arezzo, ove sussiste una forte concentrazione di attività di lavorazione e commercializzazione dell'oro. Peraltro, in virtù della nuova disciplina del mercato dell'oro, recentemente introdotta, tale flusso di informazioni potrebbe essere ridimensionato, rendendo, quindi, ancora più evidente la scarsa collaborazione da parte dei soggetti che vi sarebbero tenuti in base alla normativa vigente.
Per quanto attiene all'aspetto qualitativo, è emersa la necessità di migliorare la qualità delle segnalazioni effettuate dagli intermediari, le quali sono spesso riferite a fenomeni non solo qualificabili come riciclaggio in senso stretto. In particolare, appare necessario garantire un efficace flusso di ritorno agli intermediari finanziari in ordine alle segnalazioni di operazioni sospette da essi effettuate.
Al riguardo, vanno considerate con favore le iniziative intraprese tra l'UIC e l'ABI per migliorare il coordinamento e lo scambio di informazioni, anche al fine di offrire suggerimenti per riqualificare ed orientare le segnalazioni che provengono dal sistema, in modo che siano sempre più mirate al fenomeno del riciclaggio.
Occorre, altresì, valutare l'esigenza di accrescere il livello di riservatezza delle segnalazioni, che garantendo la sicurezza dei segnalanti, rappresenterebbe un ulteriore incentivo alla segnalazione.
Con specifico riguardo alle segnalazioni provenienti dall'Ente poste, l'indagine ha fornito pochi elementi conoscitivi specifici, anche per effetto del mancato intervento dell'Ente stesso alla prevista audizione. Si è constatato, peraltro, che sussistono alcune difficoltà nel collegamento informatico tra i circa 14.000 uffici postali esistenti nel paese e l'AUI. Appare evidente l'esigenza di normalizzare tale situazione al fine di assicurare una maggiore efficienza dei meccanismi di rilevazione di operazioni sospette, soprattutto prima che venga autorizzato l'inizio della prevista distribuzione di prodotti finanziari attraverso la rete postale.
Nel corso delle audizioni è risultata evidente che l'efficacia dello strumento della segnalazione presuppone un adeguamento degli strumenti di analisi e di valutazione statistica da parte dell'UIC. Appare, inoltre, necessario un migliore coordinamento informativo tra i soggetti interessati, anche attraverso la stipulazione di intese e di progetti comuni.
Si è inoltre rilevata una sorprendente - ed a nostro avviso errata - sottovalutazione dello strumento, introdotto dall'articolo 1 della legge n. 197 del 1991, del divieto del trasferimento di contanti e di titoli al portatore per importi superiori a venti milioni di lire fra soggetti dei quali almeno uno non sia sottoposto alla disciplina antiriciclaggio, vale a dire tipicamente fra privati. Si tratta di una misura specifica del nostro ordinamento, che fin dall'inizio ha suscitato attenzione e interesse in altri paesi nonché in sede comunitaria.
Anche la proposta di realizzare l'anagrafe dei conti e dei depositi sembra meritevole di attenzione, tenuto conto del fatto che attraverso essa potrebbero essere agevolmente localizzati, in tempi ridotti, i conti dei soggetti indagati, senza dover interpellare l'intero sistema creditizio, con conseguente eliminazione dell'attuale spreco di risorse investigative. D'altra parte, occorre considerare che l'istituzione dell'anagrafe potrebbe incentivare il ricorso a pratiche elusive, mediante la riallocazione all'estero di capitali.
Un altro problema evidenziato dall'indagine attiene all'esito della segnalazioni ed, in particolare, all'accumulo di notevoli giacenze procedimentali. In considerazione della peculiare natura delle pratiche di riciclaggio, sarebbe meritevole di attenzione l'ipotesi, già allo studio per le questioni attinenti ai mercati finanziari, di costituire sezioni giurisdizionali specializzate che consentirebbero uno smaltimento dell'arretrato ed una trattazione professionale specifica. Peraltro, l'esiguità dei procedimenti condotti dall'autorità giurisdizionali, a fronte delle segnalazioni trasmesse, sembra costituire un ulteriore elemento di conferma della necessità di migliorare la qualità delle segnalazioni stesse.
Appare senz'altro condivisibile la proposta di una rapida adozione del d.d.l delega, in fase di elaborazione, per la predisposizione di un T.U. in materia di prevenzione e contrasto del riciclaggio in materia finanziaria, al fine di eliminare l'eccessiva frammentazione della normativa vigente in materia.
D'altra parte, le modifiche della disciplina vigente dovrebbero tenere conto della discussione attualmente in corso in sede comunitaria sulla proposta di modifica della direttiva n. 91/308, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite, presentata nello scorso luglio dalla Commissione europea. Occorre, peraltro, considerare che le disposizioni della proposta di direttiva relative all'estensione dell'obbligo di segnalazione appaiono, in parte, già recepite nel nostro ordinamento per effetto del D.Lgs. n. 374/99, ma non per quanto riguarda i professionisti, né l'identificazione a distanza dei clienti, né il commercio elettronico.
Questi ultimi sono profili delicati ma ineludibili, sui quali il nostro ordinamento sarà chiamato al non facile compito di confrontarsi in tempi ormai relativamente ravvicinati.
In conclusione, dai dati emersi nel corso dell'indagine predisporre una serie di interventi, in primo luogo in via legislativa, volti a:
1) realizzare un'autentica, completa e competitiva Financial Intelligence Unit nazionale, superando gli attuali limiti e le frammentazioni di competenze fra UIC e organi investigativi;
2) attivare meccanismi che incentivino anche gli intermediari non bancari ad una collaborazione attiva ed efficace, mediante l'invio di segnalazioni quantitativamente e qualitativamente adeguate;
3) prevedere un'ulteriore estensione dell'obbligo di segnalazione a quei professionisti che non vi sono attualmente tenuti. Peraltro, la generalizzazione di tale onere richiede una preventiva ed approfondita riflessione sulla effettiva utilità della segnalazione ai fini dell'emersione del fenomeno del riciclaggio, anche alla luce dei rilievi formulati in precedenza. In sostanza, occorre verificare, anche promuovendo un confronto nelle appropriate sedi comunitarie, se la previsione di adempimenti che comportano oneri e rischi ad ulteriori categorie, trovi un apprezzabile riscontro in termini di utilità delle segnalazioni. In altri termini, potrebbe risultare velleitaria una estensione degli obblighi attualmente previsti in assenza di una effettiva capacità delle amministrazioni competenti ad avvalersi delle segnalazioni per ottenere riscontri concreti nella lotta al riciclaggio;
4) collaborare nelle opportune sedi internazionali alla definizione di adeguate strategie antiriciclaggio, che, senza ostacolare lo sviluppo della concorrenza nel settore, prendano in considerazione i problemi connessi alla crescente presenza bancaria in Paesi offshore;
5) definire gli interventi atti a migliorare il coordinamento degli organi cui sono affidati compiti investigativi;
6) sollecitare l'UIC affinché destini maggiori risorse all'attività di ispezione e vigilanza in materia di riciclaggio;
7) alla luce delle dimensioni sovranazionali del riciclaggio, assicurare uno stretto coordinamento degli organi nazionali competenti in materia con quelli analoghi di altri Paesi, eventualmente anche avvalendosi degli strumenti individuati in sede comunitaria;
8) garantire un efficace coordinamento della partecipazione italiana alle discussioni che si svolgono in materia, sia a livello comunitario che di GAFI, in considerazione della pluralità di organi che, in virtù dell'attuale ripartizione di competenze, risultano direttamente interessati.
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